sergio.
2005-01-08 16:38:03 UTC
brunovespate su via Rasella
lettera all'Unita' di Bruno Vespa e risposta del giornalista W. Settimelli.
Bruno Vespa :
Signor Direttore, l'assenza per alcuni giorni dall'Italia mi consente di
leggere soltanto oggi l'articolo che W. Settimelli (28 dicembre) ha
dedicato alla polemica di Rosario Bentivegna con quanto ho scritto nel mio
ultimo libro sulla strage di via Rasella.
Rientrando a Roma, ho anche trovato la lettera di Bentivegna che era
all'origine dell'intervista a L'Unita': lettera assai garbata, mentre
l'intervista non lo era affatto.
Settimelli giudica insultante la mia presa di distanza dalla "verita'
comunista" su via Rasella e mi ricorda il contributo dei comunisti alla
Resistenza italiana.
Sono due cose nettamente distinte: il contributo comunista fu forte e
indiscutibile.
Purtroppo nei libri di Storia la "verita' comunista" sulla Resistenza ha
messo in ombra il contributo di altre forze culturali e politiche e a
fornito su alcuni episodi, come quello di via Rasella, una versione assai
partigiana, come accadde anche - con responsabilita' maggior - per quella
verita' fascista che mi accusa in maniera del tutto arbitraria di aver
sposato.
Vorrei chiarire che cosa intendo parlando di "questione molto ambigua" a
proposito dei manifesti fatti affligere dal comando tedesco. Nessuna fonte
accreditata afferma che ci furono manifesti specifici dopo via Rasella del
tipo "o gli autori dell'attentato si presentano o facciamo una strage".
La rappresaglia fu infatti bestiale e immediata.
Ma gli stessi attentatori sapevano per gli infiniti avvisi precedenti del
comando germanico che il gesto di via Rasella avrebbe avuto conseguenze
gravissime. Giorgio Amendola, uno dei dirigenti comunisti che ho stimato
di piu' nel dopoguerra , fu l'ispiratore dell'attentato e scrisse : " Noi
partigiani combattenti avevamo il dovere di non presentarci , anche se il
nostro sacrificio avesse potuto impedire la morte di tanti innocenti..."
"il problema delle rappresaglie - chiari' Amendola - era stato posto e
risolto una volta per sempre all'inizio della guerra partigiana in Italia,
come prima in Francia e negli altri paesi occupati dai nazisti. Accettare
il ricatto delle rappresaglie voleva dire rinunziare in partenza alla
lotta. Questa era la linea..."
A proposito di equivoci che si determinarono in quelle tragiche ore, Indro
Montanelli scrive : "L'Osservatore Romano , pur nel suo linguaggio
circospetto , ricordo' le oltre trecento persone sacrificate per i
colpevoli sfuggiti all'arresto. Il che non piacque ne ai tedeschi ne ai
gappisti."
Scrive Settimelli, difendendo l'iniziativa dell'attentato : "Sappiamo
almeno che Vespa, in quella stessa situazione , sarebbe rimasto buono in
attesa degli eventi". Ha ragione : non avrei messo una bomba sapendo che
il mio gesto avrebbe determinato certamente una feroce rappresaglia. Anche
perche' come scrive Montanelli "la capitale stava cadendo come un frutto
da tempo maturo".
Purtroppo ideatori ed esecutori dell'attentato di via Rasella volevano che
al sangue tedesco seguisse sangue italiano, nell'illusione di una rivolta
che non ci fu anche per la liberazioni ormai imminente.
Scrive Giorgio Bocca :"in realta' , e i comunisti lo sanno bene, il
terrorismo ribelle non e' fatto per prevenire quello dell'occupante ma per
provocarlo, per inasprirlo. Esso e' autolesionismo premeditato: cerca le
ferite , le punizioni , le rappresaglie, per coinvolgere gli incerti, per
scavare il fosso dell'odio...".
Per questo Bocca parla di divisioni che ci furono nello stesso mondo
comunista. Dice Settimelli : "e' un po' grossier definire Bocca
comunista". Infatti non l'ho mai scritto.
Risposta di W. Settimelli a Bruno Vespa :
Mi dispiace che l'intervista al partigiano Rosario Bentivegna non sia
piaciuta a Bruno Vespa (nota di Sergio : Pomero non e' che tu la puoi
recuperare e postare? grazie)
E' una vita intera che cerco di accontentare i lettori.
Pero' sono anche preoccupato per lo spazio che rubiamo al giornale con
questa polemica. Forse potremmo risolverla con una gara a braccio di ferro
da qualche parte, o con il solito vecchio duello , dietro il convento
delle Carmelitane scalze.
Un paio di cose ancora voglio precisarle.
Puo' darsi che i comunisti, nel parlare della Resistenza, siano stati
qualche volta settari e non abbiano tenuto conto abbastanza degli altri.
Certo, nel dopoguerra, i partigiani vennero spesso emarginati, processati,
messi da parte e dovettero aspettare anni per avere un qualche
riconoscimento.
Furono i comunisti e pochi altri, quasi con furore, a voler ricordare
sempre e in ogni occasione , che la nostra liberta' , la nostra
Repubblica, la nostra Costituzione e la rinascita della Patria, erano il
frutto inequivocabile della Resistenza e della lotta contro il fascismo e
il nazismo.
Vorrei anche che Vespa rinunciasse, almeno per una volta, a far finta di
non capire.
Io non ho difeso ne condannato l'attentato di via Rasella.Non e' qui il
caso di discuterne. Ho soltanto sostenuto che Rosario Bentivegna fu un
partigiano comunista coraggiosissimo che ebbe la forza e la capacita' di
scegliere.
Come lui scelsero la lotta il comunista Giorgio Labo' ,torturato a lungo
in via Tasso e poi fucilato; il conte Giuseppe Celani, massacrato alle
Ardeatine; don Pietro Pappagallo, ucciso nelle cave; Don Giuseppe
Morosini, fucilato a Forte BRavetta; il generale Dardano Fenulli,
vicecomandante della "Ariete", militare tutto d'un pezzo, ucciso alle
Ardeatine; Maurizio Giglio, tenente di fanteria, torturato in modo infame
e poi ucciso; il generale Simone Simoni, con 35 anni di servizio
militare, decoratissimo, rinchiuso per sessanta giorni in via Tasso,
torturato a nottate intere, poi massacrato; il tenore Nicola Stame,
dirigente di "Bandiera Rossa", ucciso alle Ardeatine; il colonnello
Giuseppe Montezemolo, soldato eroico e carabiniere monarchico...
Con loro morirono gli ebrei , colpevoli soltanto di essere tali,
contadini, operai , autisti, artigiani, militari di ogni arma, sarti,
bottegai, facchini.
Nessuno di loro aspetto' gli alleati per ribellarsi e combattere.
E sapevano del pericolo , ma ugualmente non aspettarono.
Se uno si fa un giro ad Anzio o a Montecassino, vedra' le tombe di
migliaia di soldati americani, polacchi, inglesi, canadesi, francesi e
persino marocchini (quanti guai combinarono!).
Tutti sbarcati qua in Italia e tutti morti per la nostra liberta'.
Gli antifascisti e i partigiani , decisero, in uno scatto di orgoglio e di
fede, di battersi con loro. Comunque di non rimanere chiusi in casa.
Bentivegna, per qualcuno, forse ha un unico difetto : e' rimasto vivo suo
malgrado.
lettera all'Unita' di Bruno Vespa e risposta del giornalista W. Settimelli.
Bruno Vespa :
Signor Direttore, l'assenza per alcuni giorni dall'Italia mi consente di
leggere soltanto oggi l'articolo che W. Settimelli (28 dicembre) ha
dedicato alla polemica di Rosario Bentivegna con quanto ho scritto nel mio
ultimo libro sulla strage di via Rasella.
Rientrando a Roma, ho anche trovato la lettera di Bentivegna che era
all'origine dell'intervista a L'Unita': lettera assai garbata, mentre
l'intervista non lo era affatto.
Settimelli giudica insultante la mia presa di distanza dalla "verita'
comunista" su via Rasella e mi ricorda il contributo dei comunisti alla
Resistenza italiana.
Sono due cose nettamente distinte: il contributo comunista fu forte e
indiscutibile.
Purtroppo nei libri di Storia la "verita' comunista" sulla Resistenza ha
messo in ombra il contributo di altre forze culturali e politiche e a
fornito su alcuni episodi, come quello di via Rasella, una versione assai
partigiana, come accadde anche - con responsabilita' maggior - per quella
verita' fascista che mi accusa in maniera del tutto arbitraria di aver
sposato.
Vorrei chiarire che cosa intendo parlando di "questione molto ambigua" a
proposito dei manifesti fatti affligere dal comando tedesco. Nessuna fonte
accreditata afferma che ci furono manifesti specifici dopo via Rasella del
tipo "o gli autori dell'attentato si presentano o facciamo una strage".
La rappresaglia fu infatti bestiale e immediata.
Ma gli stessi attentatori sapevano per gli infiniti avvisi precedenti del
comando germanico che il gesto di via Rasella avrebbe avuto conseguenze
gravissime. Giorgio Amendola, uno dei dirigenti comunisti che ho stimato
di piu' nel dopoguerra , fu l'ispiratore dell'attentato e scrisse : " Noi
partigiani combattenti avevamo il dovere di non presentarci , anche se il
nostro sacrificio avesse potuto impedire la morte di tanti innocenti..."
"il problema delle rappresaglie - chiari' Amendola - era stato posto e
risolto una volta per sempre all'inizio della guerra partigiana in Italia,
come prima in Francia e negli altri paesi occupati dai nazisti. Accettare
il ricatto delle rappresaglie voleva dire rinunziare in partenza alla
lotta. Questa era la linea..."
A proposito di equivoci che si determinarono in quelle tragiche ore, Indro
Montanelli scrive : "L'Osservatore Romano , pur nel suo linguaggio
circospetto , ricordo' le oltre trecento persone sacrificate per i
colpevoli sfuggiti all'arresto. Il che non piacque ne ai tedeschi ne ai
gappisti."
Scrive Settimelli, difendendo l'iniziativa dell'attentato : "Sappiamo
almeno che Vespa, in quella stessa situazione , sarebbe rimasto buono in
attesa degli eventi". Ha ragione : non avrei messo una bomba sapendo che
il mio gesto avrebbe determinato certamente una feroce rappresaglia. Anche
perche' come scrive Montanelli "la capitale stava cadendo come un frutto
da tempo maturo".
Purtroppo ideatori ed esecutori dell'attentato di via Rasella volevano che
al sangue tedesco seguisse sangue italiano, nell'illusione di una rivolta
che non ci fu anche per la liberazioni ormai imminente.
Scrive Giorgio Bocca :"in realta' , e i comunisti lo sanno bene, il
terrorismo ribelle non e' fatto per prevenire quello dell'occupante ma per
provocarlo, per inasprirlo. Esso e' autolesionismo premeditato: cerca le
ferite , le punizioni , le rappresaglie, per coinvolgere gli incerti, per
scavare il fosso dell'odio...".
Per questo Bocca parla di divisioni che ci furono nello stesso mondo
comunista. Dice Settimelli : "e' un po' grossier definire Bocca
comunista". Infatti non l'ho mai scritto.
Risposta di W. Settimelli a Bruno Vespa :
Mi dispiace che l'intervista al partigiano Rosario Bentivegna non sia
piaciuta a Bruno Vespa (nota di Sergio : Pomero non e' che tu la puoi
recuperare e postare? grazie)
E' una vita intera che cerco di accontentare i lettori.
Pero' sono anche preoccupato per lo spazio che rubiamo al giornale con
questa polemica. Forse potremmo risolverla con una gara a braccio di ferro
da qualche parte, o con il solito vecchio duello , dietro il convento
delle Carmelitane scalze.
Un paio di cose ancora voglio precisarle.
Puo' darsi che i comunisti, nel parlare della Resistenza, siano stati
qualche volta settari e non abbiano tenuto conto abbastanza degli altri.
Certo, nel dopoguerra, i partigiani vennero spesso emarginati, processati,
messi da parte e dovettero aspettare anni per avere un qualche
riconoscimento.
Furono i comunisti e pochi altri, quasi con furore, a voler ricordare
sempre e in ogni occasione , che la nostra liberta' , la nostra
Repubblica, la nostra Costituzione e la rinascita della Patria, erano il
frutto inequivocabile della Resistenza e della lotta contro il fascismo e
il nazismo.
Vorrei anche che Vespa rinunciasse, almeno per una volta, a far finta di
non capire.
Io non ho difeso ne condannato l'attentato di via Rasella.Non e' qui il
caso di discuterne. Ho soltanto sostenuto che Rosario Bentivegna fu un
partigiano comunista coraggiosissimo che ebbe la forza e la capacita' di
scegliere.
Come lui scelsero la lotta il comunista Giorgio Labo' ,torturato a lungo
in via Tasso e poi fucilato; il conte Giuseppe Celani, massacrato alle
Ardeatine; don Pietro Pappagallo, ucciso nelle cave; Don Giuseppe
Morosini, fucilato a Forte BRavetta; il generale Dardano Fenulli,
vicecomandante della "Ariete", militare tutto d'un pezzo, ucciso alle
Ardeatine; Maurizio Giglio, tenente di fanteria, torturato in modo infame
e poi ucciso; il generale Simone Simoni, con 35 anni di servizio
militare, decoratissimo, rinchiuso per sessanta giorni in via Tasso,
torturato a nottate intere, poi massacrato; il tenore Nicola Stame,
dirigente di "Bandiera Rossa", ucciso alle Ardeatine; il colonnello
Giuseppe Montezemolo, soldato eroico e carabiniere monarchico...
Con loro morirono gli ebrei , colpevoli soltanto di essere tali,
contadini, operai , autisti, artigiani, militari di ogni arma, sarti,
bottegai, facchini.
Nessuno di loro aspetto' gli alleati per ribellarsi e combattere.
E sapevano del pericolo , ma ugualmente non aspettarono.
Se uno si fa un giro ad Anzio o a Montecassino, vedra' le tombe di
migliaia di soldati americani, polacchi, inglesi, canadesi, francesi e
persino marocchini (quanti guai combinarono!).
Tutti sbarcati qua in Italia e tutti morti per la nostra liberta'.
Gli antifascisti e i partigiani , decisero, in uno scatto di orgoglio e di
fede, di battersi con loro. Comunque di non rimanere chiusi in casa.
Bentivegna, per qualcuno, forse ha un unico difetto : e' rimasto vivo suo
malgrado.
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