Discussione:
Per far arrivare i treni in orario non serviva un dittatore, bastava un buon capostazione (cit)
(troppo vecchio per rispondere)
pirex
2023-06-14 10:10:25 UTC
Permalink
No, non è stato Mussolini ad istituire tredicesima e pensioni. Le “cose
buone” che il fascismo non ha mai fatto
|

“Mussolini ha fatto anche delle cose buone”.

Ogni tanto salta fuori qualcuno che ripropone questo luogo comune,
decisamente privo di contatti con la realtà.
Praticamente tutti i presunti meriti del regime fascista sono basati sulla
narrazione di fatti inesistenti, o pesantemente contraffatti.
Proviamo quindi ad esaminare alcuni dei cavalli di battaglia dei
nostalgici del ventennio.

Prima, però, parliamo di quello che è stato l’indiscutibile demerito del
regime fascista. Senza volerci soffermare su “quisquilie” come le Leggi
Razziali o le violazioni dei diritti umani, Mussolini ha l’enorme colpa di
aver trascinato l’Italia in una guerra totalmente assurda, salvo poi
tentare la fuga travestito da tedesco, portando con sé la compagna ed i
soldi, quando le cose si sono messe male. Se anche avesse fatto cose buone
(e non le ha fatte) nulla potrebbe compensare questa enorme colpa.

Ed è curioso vedere come i sovranisti, quelli che odiano l’Europa perché
non possono pensare che il Governo Italiano si sottometta alla Germania e
faccia ciò che vuole la Merkel (è questa la loro visione dell’UE),
considerino normale che ai tempi di Mussolini il Governo Italiano si sia
sottomesso alla Germania ed abbia fatto la guerra che voleva Hitler,
causando inutilmente la morte mezzo milione di Italiani.
Basta questa semplice considerazione a dimostrare che le nostalgie per il
regime fascista sono frutto di ignoranza e pregiudizi.

Andiamo ora ad esaminare le presunte “cose buone” fatte dal regime
fascista.



Le pensioni INFPS: l’unica riforma del fascismo fu il nome (la F non è un
errore di battitura)

“Fu Mussolini a introdurre la pensione di reversibilità nel caso morissero
lui o lei. La previdenza sociale l’ha portata Mussolini, non l’hanno
portata i Marziani”
Matteo Salvini, Ministro dell’Interno, intervista radiofonica del
16/2/2016

In effetti il ministro Salvini ha ragione: la previdenza sociale in Italia
non l’hanno portata i marziani. Ma nemmeno Mussolini e il fascismo. Come
ricostruisce Francesco Filippi nel libro “Mussolini ha fatto anche cose
buone” , il primo sistema di garanzie pensionistiche – destinato ai soli
impiegati del pubblico e ai militari – è del 1895, governo Crispi.
Tre anni dopo il governo Pelloux estenderà le coperture a una serie di
categorie lavorative e fonderà il primo istituto antenato dell’Inps.
Infine nel 1919, governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, il sistema
viene “imposto a tutte le aziende come obbligatorio: da quel momento tutti
i lavoratori italiani ebbero per diritto la pensione”.

E il fascismo? Quando prende il potere si preoccupa – abolito il ministero
del Lavoro – di concentrare tutte le funzioni che hanno a che fare con il
welfare sotto la Cassa Nazionale col risultato di provocare
“l’appesantimento del sistema e la sua progressiva inefficienza”,
sottolinea Filippi.
E poi, nel 1933, una riforma imponente: cambia il nome all’istituto, che
diventa Infps, con la EFFE a fare da insegna luminosa. “Un tentativo
propagandistico – spiega Filippi – di impossessarsi di quello che nei
fatti era stato il frutto di decenni di contrattazioni e lotte sindacali,
di riforme attuate dai governi liberali e di iniziative delle associazioni
di categoria dei lavoratori”.
Nel frattempo ciò che fa davvero il fascismo per i lavoratori è, nel 1926,
stabilire che potevano esistere solo sindacati fascisti e vietare lo
sciopero e la serrata, mettendo sotto giogo in un colpo solo i lavoratori
e gli imprenditori. L’INFPS negli anni diventerà una macchina da stipendi,
uno sfogatoio per le clientele e quindi un produttore di consenso.



La tredicesima: Mussolini non è mai stato Babbo Natale

“Non ti piace Mussolini? E allora rinuncia alla tredicesima”

E’ una delle più diffuse stupidaggini che circolano sui social,
attribuendo al Mascellone un altro merito che in realtà non gli compete.

Come stanno davvero le cose?

Con il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) del 05/08/1937
art. 13 venne introdotta una “gratifica natalizia”, cioè una mensilità in
più da corrispondere nel periodo natalizio ai soli impiegati del settore
dell’industria.
Quindi la gratifica non era per tutti i lavoratori ma solo per quelli del
settore industria. E anche in questo settore rappresentava un privilegio
più che un diritto, visto che non ne beneficiava nessuno degli operai, che
nell’industria rappresentavano ovviamente la grandissima maggioranza dei
lavoratori.
Per loro, lo stesso contratto prevedeva invece condizioni che nulla
avevano a che fare con lo spirito natalizio. Come l’articolo 8, che a
proposito di “Orario di lavoro, lavoro straordinario, notturno e festivo”,
poneva l’orario di lavoro a 10 ore giornaliere, con possibilità di
straordinari fino a 12 ore non rifiutabili dal lavoratore: “Nessun
impiegato potrà rifiutarsi, entro i limiti consentiti dalla legge, di
compiere il lavoro straordinario, il lavoro notturno e festivo, salvi
giustificati motivi di impedimento“.
Tutto questo era perfettamente coerente con quelle che erano le normali
politiche dell’epoca fascista, in una società volutamente basata non sui
diritti per tutti, ma sui privilegi per pochi.

La vera “tredicesima”, intesa non come “gratifica” per pochi, ma diritto
ad una mensilità in più per tutti, venne istituita in due fasi:

con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946,
che la garantì a tutti i lavoratori del settore industria;
con il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1960 n.
1070, che dopo quindici anni di lotte sindacali e operaie nelle fabbriche
e nelle piazze (dello stesso anno anche l’eliminazione delle tabelle
remunerative differenti per maschi e femmine), lo estenderà a tutti i
lavoratori.

E allora chi dobbiamo ringraziare per la tredicesima che oggi tutti i
lavoratori percepiscono? Il ringraziamento non può che andare a tutti quei
lavoratori e quegli operai che con le loro azioni sindacali, proteste,
lotte e manifestazioni hanno ottenuto non solo la tredicesima, ma tutta
una serie di diritti che oggi la politica sta cercando di rimettere in
discussione (e forse questo spiega certe nostalgie per il regime).



Le bonifiche, una scomoda verità

“Io non sono fascista, però se bisogna essere onesti Mussolini ha fatto
strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della
nostra Italia”
Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo. Intervista radiofonica
del 12/3/2019

Littoria, il simbolo del miracolo, la città fondata sulle terre strappate
all’acqua, l’orgoglio della potenza fascista che nel 1933 dichiara la
propria vittoria: la missione impossibile delle bonifiche, perfino
nell’Agro Pontino, è compiuta. Lì dove hanno fallito tutti, il fascismo è
riuscito. Ma è un racconto possibile solo grazie a una “grande operazione
pubblicitaria”, obietta lo storico Francesco Filippi nel libro. La realtà
la dicono i numeri che danno conto piuttosto di una serie di fallimenti, a
dispetto dei proclami falsificati.

Il fascismo, rimarca Filippi, aveva promesso di restituire all’agricoltura
8 milioni di ettari di terreni riqualificati: un’enormità. Dopo dieci anni
di lavori più tentati che andati a segno e fiumi di denaro pubblico finiti
– come accade sempre con il fascismo – ad amici degli amici e collettori
di consenso del regime (come l’Opera nazionale combattenti), il governo
annuncia il successo del recupero di 4 milioni di ettari. Sarebbe comunque
tanto. Ma Filippi indaga sui particolari e scopre che i lavori “completi o
a buon punto” arrivano a poco più di 2 milioni di ettari. E – bluff nel
bluff – “di questi due milioni, un milione e mezzo erano bonifiche
concluse dai governi precedenti al 1922”. Insomma, non dal fascismo. “In
pratica – conclude Filippi – era stato portato a termine poco più del 6
per cento del lavoro”. E’ De Felice, uno dei più autorevoli storici del
fascismo, a certificare – ricorda Filippi – che i risultati, nel
complesso, furono inferiori “alle aspettative suscitate nel Paese dal
battage propagandistico messo in atto e finirono per non corrispondere
all’entità dello sforzo economico sostenuto”. A riuscirci saranno poi i
governi del Dopoguerra, grazie ai fondi del Piano Marshall e della Cassa
del Mezzogiorno.



Mussolini immobiliarista

“Le case agli italiani!”

Così gridano oggi i fascisti di CasaPound nelle periferie di Roma. Certo
avrebbero avuto poche speranze di essere accontentati dal fascismo.
La prima legge sulle case popolari infatti è del 1903, per iniziativa di
Luigi Luzzatti, deputato liberale che poi sarà presidente del Consiglio. I
maggiori progetti di sviluppo urbano nelle grandi città con fame di
abitazioni nascono tutti nei primi 15-20 anni del Novecento: Roma (la
Garbatella per esempio), Torino, Napoli, Milano.
L’unico “tocco decisivo” del fascismo, nel 1935, fu la decisione di
gestire il sistema a livello provinciale.

Annota ancora Filippi: “Come in altri campi della cosa pubblica, anche
nell’edilizia popolare il fascismo si limitò a porre sotto il proprio
controllo e ribattezzare strutture amministrative nate nell’Italia
liberale”. A fronte di grandi progetti colossali come l’Eur, “la
situazione abitativa rimase emergenziale anche negli anni più tardi del
fascismo”. E la carenza di alloggi fu aggravata dalla decisione di
Mussolini di portare l’Italia in una guerra mondiale: due milioni di vani
andarono distrutti e un altro milione fu danneggiato, sintetizza Filippi.



L’oro alla patria. E agli italiani niente

“Si stava meglio quando si stava peggio.”

E invece no. Come spiega Filippi, durante il ventennio fascista il divario
della ricchezza media tra un italiano e un cittadino degli altri Paesi
sviluppati si allargò. Un po’ per colpa della congiuntura internazionale
(la crisi del ’29), un po’ per i problemi strutturali, ma anche perché
“tutte le iniziative prese dai governi di Mussolini contribuirono a
peggiorare la situazione”.
Un effetto fu la divaricazione delle disuguaglianze: i ricconi – quasi
tutti aderenti al regime – da una parte e la massa della popolazione
dall’altra. Unica via d’uscita: l’emigrazione (all’epoca non avevamo il
problema dell’accoglienza. Semmai quello di essere accolti. Durante il
fascismo noi eravamo quelli sui barconi).

Un dato, da solo, basta a spiegare quanto drammatica fosse la situazione
economica. Come ricorda Filippi, oggi il reddito medio italiano è circa il
90% di un Paese europeo avanzato come la Francia. Negli anni Trenta del
secolo scorso era il 33%.



La legalità ai tempi del duce

“Tutti questi politici delinquenti Mussolini li avrebbe mandati al
confino”

Di tutte le balle sul fascismo, quella del presunto amore per la legalità
e l’ordine resta la più grossa.
Il partito si è fatto strada con la violenza, con le manganellate agli
avversari.
E una volta raggiunto il potere lo ha rafforzato grazie su clientele e
corruzione. E’ emblematico il caso di Giacomo Matteotti, ucciso per
impedirgli di rendere noti i documenti che provavano una tangente
incassata da Arnaldo Mussolini, fratello del duce.

Al mito della moralità del regime contribuì in modo determinante
l’abolizione della libertà di stampa, trasformando i giornali in organi
propagandistici, destinati a raccontare la realtà immaginaria di un Paese
che nella realtà non esisteva.

Ricordiamocelo quando – e succede sempre più spesso – i politici attaccano
i giornalisti che svelano i loro scheletri negli armadi.




<https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/no-non-e-stato-mussolini-ad-istituire-tredicesima-e-pensioni-le-cose-buone-che-il-fascismo-non-ha-mai-fatto.html?fbclid=IwAR2R6HxGnkBPILHGEDw_vWlFecGbOIAtXB6x9xD3W25B1KmNyKqbHSIKC70&print=print>
--
pirex <***@pakita.sus>

Diffidate dei poveri mentecatti, odiatori di professione, bugiardi
xenofobi nazifascioidi dai mille nick

https://tinyurl.com/2natj737

pirex <***@pakita.sus>
Parvus
2023-06-17 09:24:53 UTC
Permalink
Post by pirex
Infine nel 1919, governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, il sistema
viene “imposto a tutte le aziende come obbligatorio: da quel momento tutti
i lavoratori italiani ebbero per diritto la pensione”.
Per amore di verità, potrei correggere precisando
che la legge fu sì del 1919. Ma fu resa esecutiva
(Cioè si cominciò a sganciare i soldi) nel 1923.
Che, se è vero, lo scandalo che voleva denunciare
Matteotti, riguardava i Savoia. Oppure...
Mi si risponderebbe:
Non è vero, cita le fonti!
Risponderei: Lo dice...
Mi si risponderebbe:
Non è una buona fonte, migliore la mia.
No! la Mia!
La Mia!!!
Quindi niente precisazioni.
Ma lo sbarramento della Miorina, che regola il deflusso delle acque del lago maggiore, in modo che i contadini abbiano acqua per l'irrigazione tutto l'anno, è stato finito nel 1942, nessuno può dire lo ha fatto Crispi, lo ha fatto Giolitti, lo ha fatto De Gasperi.
Lo sbarramento sul lago d'Iseo, finito precedentemente...
Quelli sul lago di Garda e di Como invece effettivamente sono stati finiti nel dopoguerra.
Potrei continuare per moltissimo tempo.
Fascismo meraviglioso allora?
Neanche per sogno, Alleanza con la Germania, leggi razziali, troppe guerre nell'ultimo periodo.
Fu un regime normale, con pregi e difetti, che una minoranza di italiani ancora apprezza, e un'altra minoranza demonizza.
Sarebbe ora di smettere la partigianeria, e compiere una seria ricerca storica.
ilchierico@pm.me
2023-06-18 12:13:22 UTC
Permalink
Post by Parvus
Neanche per sogno, Alleanza con la Germania, leggi razziali, troppe guerre nell'ultimo periodo.
Fu un regime normale, con pregi e difetti, che una minoranza di italiani ancora apprezza, e un'altra minoranza demonizza.
Sarebbe ora di smettere la partigianeria, e compiere una seria ricerca storica.
Per esempio ti risulta che l'Italia comprasse il carbone dalla Gran
Bretagna e poi nel 1930 sia stata costretta a comprare il carbone dalla
Germania perche' il carbone inglese costava troppo (fosse vero o fosse
soltanto una scusa per preparare la guerra dopo la crisi del 1929?)

Ricordiamo ai presenti che nel 1930 la Gran Bretagna pose fine alla
parita' aurea della la sterlina e sappiamo come e' andata a finire.

Ricordiamo anche che i miei genitori al di la' della giovane eta' non
sono cresciuti nella miseria, anche nel dopoguerra, fossero benestanti
oppure no.

Potremmo anche chiedere come mai agli inizi della guerra tutto era
pronto per invadere Malta ma poi il Gran Capo in persona vieto'
l'invasione di quella povera ed insignificante isoletta :-)))

A chi la chiediamo questa? ;-)
Parvus
2023-06-18 13:28:18 UTC
Permalink
Post by ***@pm.me
Per esempio ti risulta che l'Italia comprasse il carbone dalla Gran
Bretagna e poi nel 1930 sia stata costretta a comprare il carbone dalla
Germania perche' il carbone inglese costava troppo (fosse vero o fosse
soltanto una scusa per preparare la guerra dopo la crisi del 1929?)
Ricordiamo ai presenti che nel 1930 la Gran Bretagna pose fine alla
parita' aurea della la sterlina e sappiamo come e' andata a finire.
Ricordiamo anche che i miei genitori al di la' della giovane eta' non
sono cresciuti nella miseria, anche nel dopoguerra, fossero benestanti
oppure no.
Potremmo anche chiedere come mai agli inizi della guerra tutto era
pronto per invadere Malta ma poi il Gran Capo in persona vieto'
l'invasione di quella povera ed insignificante isoletta :-)))
A chi la chiediamo questa? ;-)
Nel 1930, per l'Italia non era danno acquistare da Inghilerra o
Germania.
Fino al 1937, l'Italia si preparava per combattere una guerra
difensiva contro un nemico potente sul mare (difese costiere
potenziamento marina, battaglia del grano) ma a causa della
sproporzione di forza, fino alla su indicata data, nessuno
pensò a una guerra offensiva.
Durante il fascismo (1923-1938) il Pil aumentò del 42%
Nel primo periodo di guerra non era possibile invadere Malta
perché avevamo sette corazzate in cantiere, in costruzione
o riammodernamento. Ci sarebbe stata forza sufficiente a
partire da Novembre, ma ci fu la notte di Taranto. Si tornò ad
essere pronti nel 1942, ma Rommel si rifiutò di dirottare su
Malta gli uomini con cui intendeva invadere l'Egitto.
Le importazioni di carbone, circa 12 milioni di tonnellate
servivano per le acciaierie e riscaldamento domestico. Poi
dal primo marzo 1940, l'Inghilterra vietò il trasporto del
carbone via nave dalla Germania all'Italia.
La percentuale di carbone usata per l'energia elettrica era
piuttosto scarsa. Nel 1922 l'Italia produsse:
4.380 GWh di energia idroelettrica. 330 Termoelettrica. 20 geotermica
Nel 1940 raggiunse il massimo di produzione termoelettrica con 997 GWh
nel 1941 il massimo di produzione idroelettrica con 19.270 GWh
E nel 1943 il massimo di produzione geotermica con 909 GWh
Dopo queste date, causa la guerra, le produzioni diminuirono.
Antonio Santoro
2023-07-12 15:16:07 UTC
Permalink
In Giappone i treni arrivano in orario eppure non c'è dittatura, stessa cosa in Svizzera.
pino mugo
2023-10-16 20:21:44 UTC
Permalink
Post by pirex
ricostruisce Francesco Filippi nel libro “Mussolini ha fatto anche cose
buone” ,
eh già, uno storico molto IMPARZIALE, (una specie di deaglio contro berlusconi, monocorde e monotematico)che scrive per
REPUBBLICA ed ha scritto MOLTI libri su SVARIATI ARGOMENTI (...sempre e solo uno ..) ecco i titoli:

Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo. Prefazione di Carlo Greppi, Torino, Bollati Boringhieri, 2019.

Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto, Torino, Bollati Boringhieri, 2020.

Noi però gli abbiamo fatto le strade: Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie, Torino, Bollati Boringhieri, 2021.

Prima gli italiani! (sì, ma quali?) Laterza, Bari-Roma 2021.
pirex
2023-10-19 11:50:48 UTC
Permalink
Post by pino mugo
Post by pirex
ricostruisce Francesco Filippi nel libro “Mussolini ha fatto anche
cose buone” ,
eh già, uno storico molto IMPARZIALE, (una specie di deaglio contro
berlusconi, monocorde e monotematico)che scrive per REPUBBLICA ed
ha scritto MOLTI libri su SVARIATI ARGOMENTI (...sempre e solo uno
Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a
circolare sul fascismo. Prefazione di Carlo Greppi, Torino, Bollati
Boringhieri, 2019.
Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto, Torino,
Bollati Boringhieri, 2020.
Noi però gli abbiamo fatto le strade: Le colonie italiane tra
bugie, razzismi e amnesie, Torino, Bollati Boringhieri, 2021.
Prima gli italiani! (sì, ma quali?) Laterza, Bari-Roma 2021.
Al mito della moralità del regime contribuì in modo determinante
l’abolizione della libertà di stampa,
trasformando i giornali in organi propagandistici,
destinati a raccontare la realtà immaginaria di un Paese
che nella realtà non esisteva.








No, non è stato Mussolini ad istituire tredicesima e pensioni. Le “cose
buone” che il fascismo non ha mai fatto



“Mussolini ha fatto anche delle cose buone”.

Ogni tanto salta fuori qualcuno che ripropone questo luogo comune,
decisamente privo di contatti con la realtà.
Praticamente tutti i presunti meriti del regime fascista sono basati sulla
narrazione di fatti inesistenti, o pesantemente contraffatti.
Proviamo quindi ad esaminare alcuni dei cavalli di battaglia dei
nostalgici del ventennio.

Prima, però, parliamo di quello che è stato l’indiscutibile demerito del
regime fascista. Senza volerci soffermare su “quisquilie” come le Leggi
Razziali o le violazioni dei diritti umani, Mussolini ha l’enorme colpa di
aver trascinato l’Italia in una guerra totalmente assurda, salvo poi
tentare la fuga travestito da tedesco, portando con sé la compagna ed i
soldi, quando le cose si sono messe male. Se anche avesse fatto cose buone
(e non le ha fatte) nulla potrebbe compensare questa enorme colpa.

Ed è curioso vedere come i sovranisti, quelli che odiano l’Europa perché
non possono pensare che il Governo Italiano si sottometta alla Germania e
faccia ciò che vuole la Merkel (è questa la loro visione dell’UE),
considerino normale che ai tempi di Mussolini il Governo Italiano si sia
sottomesso alla Germania ed abbia fatto la guerra che voleva Hitler,
causando inutilmente la morte mezzo milione di Italiani.
Basta questa semplice considerazione a dimostrare che le nostalgie per il
regime fascista sono frutto di ignoranza e pregiudizi.

Andiamo ora ad esaminare le presunte “cose buone” fatte dal regime
fascista.



Le pensioni INFPS: l’unica riforma del fascismo fu il nome (la F non è un
errore di battitura)

“Fu Mussolini a introdurre la pensione di reversibilità nel caso morissero
lui o lei. La previdenza sociale l’ha portata Mussolini, non l’hanno
portata i Marziani”
Matteo Salvini, Ministro dell’Interno, intervista radiofonica del
16/2/2016

In effetti il ministro Salvini ha ragione: la previdenza sociale in Italia
non l’hanno portata i marziani. Ma nemmeno Mussolini e il fascismo. Come
ricostruisce Francesco Filippi nel libro “Mussolini ha fatto anche cose
buone” , il primo sistema di garanzie pensionistiche – destinato ai soli
impiegati del pubblico e ai militari – è del 1895, governo Crispi.
Tre anni dopo il governo Pelloux estenderà le coperture a una serie di
categorie lavorative e fonderà il primo istituto antenato dell’Inps.
Infine nel 1919, governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, il sistema
viene “imposto a tutte le aziende come obbligatorio: da quel momento tutti
i lavoratori italiani ebbero per diritto la pensione”.

E il fascismo? Quando prende il potere si preoccupa – abolito il ministero
del Lavoro – di concentrare tutte le funzioni che hanno a che fare con il
welfare sotto la Cassa Nazionale col risultato di provocare
“l’appesantimento del sistema e la sua progressiva inefficienza”,
sottolinea Filippi.
E poi, nel 1933, una riforma imponente: cambia il nome all’istituto, che
diventa Infps, con la EFFE a fare da insegna luminosa. “Un tentativo
propagandistico – spiega Filippi – di impossessarsi di quello che nei
fatti era stato il frutto di decenni di contrattazioni e lotte sindacali,
di riforme attuate dai governi liberali e di iniziative delle associazioni
di categoria dei lavoratori”.
Nel frattempo ciò che fa davvero il fascismo per i lavoratori è, nel 1926,
stabilire che potevano esistere solo sindacati fascisti e vietare lo
sciopero e la serrata, mettendo sotto giogo in un colpo solo i lavoratori
e gli imprenditori. L’INFPS negli anni diventerà una macchina da stipendi,
uno sfogatoio per le clientele e quindi un produttore di consenso.



La tredicesima: Mussolini non è mai stato Babbo Natale

“Non ti piace Mussolini? E allora rinuncia alla tredicesima”

E’ una delle più diffuse stupidaggini che circolano sui social,
attribuendo al Mascellone un altro merito che in realtà non gli compete.

Come stanno davvero le cose?

Con il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) del 05/08/1937
art. 13 venne introdotta una “gratifica natalizia”, cioè una mensilità in
più da corrispondere nel periodo natalizio ai soli impiegati del settore
dell’industria.
Quindi la gratifica non era per tutti i lavoratori ma solo per quelli del
settore industria. E anche in questo settore rappresentava un privilegio
più che un diritto, visto che non ne beneficiava nessuno degli operai, che
nell’industria rappresentavano ovviamente la grandissima maggioranza dei
lavoratori.
Per loro, lo stesso contratto prevedeva invece condizioni che nulla
avevano a che fare con lo spirito natalizio. Come l’articolo 8, che a
proposito di “Orario di lavoro, lavoro straordinario, notturno e festivo”,
poneva l’orario di lavoro a 10 ore giornaliere, con possibilità di
straordinari fino a 12 ore non rifiutabili dal lavoratore: “Nessun
impiegato potrà rifiutarsi, entro i limiti consentiti dalla legge, di
compiere il lavoro straordinario, il lavoro notturno e festivo, salvi
giustificati motivi di impedimento“.
Tutto questo era perfettamente coerente con quelle che erano le normali
politiche dell’epoca fascista, in una società volutamente basata non sui
diritti per tutti, ma sui privilegi per pochi.

La vera “tredicesima”, intesa non come “gratifica” per pochi, ma diritto
ad una mensilità in più per tutti, venne istituita in due fasi:

con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946,
che la garantì a tutti i lavoratori del settore industria;
con il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1960 n.
1070, che dopo quindici anni di lotte sindacali e operaie nelle fabbriche
e nelle piazze (dello stesso anno anche l’eliminazione delle tabelle
remunerative differenti per maschi e femmine), lo estenderà a tutti i
lavoratori.

E allora chi dobbiamo ringraziare per la tredicesima che oggi tutti i
lavoratori percepiscono? Il ringraziamento non può che andare a tutti quei
lavoratori e quegli operai che con le loro azioni sindacali, proteste,
lotte e manifestazioni hanno ottenuto non solo la tredicesima, ma tutta
una serie di diritti che oggi la politica sta cercando di rimettere in
discussione (e forse questo spiega certe nostalgie per il regime).



Le bonifiche, una scomoda verità

“Io non sono fascista, però se bisogna essere onesti Mussolini ha fatto
strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della
nostra Italia”
Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo. Intervista radiofonica
del 12/3/2019

Littoria, il simbolo del miracolo, la città fondata sulle terre strappate
all’acqua, l’orgoglio della potenza fascista che nel 1933 dichiara la
propria vittoria: la missione impossibile delle bonifiche, perfino
nell’Agro Pontino, è compiuta. Lì dove hanno fallito tutti, il fascismo è
riuscito. Ma è un racconto possibile solo grazie a una “grande operazione
pubblicitaria”, obietta lo storico Francesco Filippi nel libro. La realtà
la dicono i numeri che danno conto piuttosto di una serie di fallimenti, a
dispetto dei proclami falsificati.

Il fascismo, rimarca Filippi, aveva promesso di restituire all’agricoltura
8 milioni di ettari di terreni riqualificati: un’enormità. Dopo dieci anni
di lavori più tentati che andati a segno e fiumi di denaro pubblico finiti
– come accade sempre con il fascismo – ad amici degli amici e collettori
di consenso del regime (come l’Opera nazionale combattenti), il governo
annuncia il successo del recupero di 4 milioni di ettari. Sarebbe comunque
tanto. Ma Filippi indaga sui particolari e scopre che i lavori “completi o
a buon punto” arrivano a poco più di 2 milioni di ettari. E – bluff nel
bluff – “di questi due milioni, un milione e mezzo erano bonifiche
concluse dai governi precedenti al 1922”. Insomma, non dal fascismo. “In
pratica – conclude Filippi – era stato portato a termine poco più del 6
per cento del lavoro”. E’ De Felice, uno dei più autorevoli storici del
fascismo, a certificare – ricorda Filippi – che i risultati, nel
complesso, furono inferiori “alle aspettative suscitate nel Paese dal
battage propagandistico messo in atto e finirono per non corrispondere
all’entità dello sforzo economico sostenuto”. A riuscirci saranno poi i
governi del Dopoguerra, grazie ai fondi del Piano Marshall e della Cassa
del Mezzogiorno.



Mussolini immobiliarista

“Le case agli italiani!”

Così gridano oggi i fascisti di CasaPound nelle periferie di Roma. Certo
avrebbero avuto poche speranze di essere accontentati dal fascismo.
La prima legge sulle case popolari infatti è del 1903, per iniziativa di
Luigi Luzzatti, deputato liberale che poi sarà presidente del Consiglio. I
maggiori progetti di sviluppo urbano nelle grandi città con fame di
abitazioni nascono tutti nei primi 15-20 anni del Novecento: Roma (la
Garbatella per esempio), Torino, Napoli, Milano.
L’unico “tocco decisivo” del fascismo, nel 1935, fu la decisione di
gestire il sistema a livello provinciale.

Annota ancora Filippi: “Come in altri campi della cosa pubblica, anche
nell’edilizia popolare il fascismo si limitò a porre sotto il proprio
controllo e ribattezzare strutture amministrative nate nell’Italia
liberale”. A fronte di grandi progetti colossali come l’Eur, “la
situazione abitativa rimase emergenziale anche negli anni più tardi del
fascismo”. E la carenza di alloggi fu aggravata dalla decisione di
Mussolini di portare l’Italia in una guerra mondiale: due milioni di vani
andarono distrutti e un altro milione fu danneggiato, sintetizza Filippi.



L’oro alla patria. E agli italiani niente

“Si stava meglio quando si stava peggio.”

E invece no. Come spiega Filippi, durante il ventennio fascista il divario
della ricchezza media tra un italiano e un cittadino degli altri Paesi
sviluppati si allargò. Un po’ per colpa della congiuntura internazionale
(la crisi del ’29), un po’ per i problemi strutturali, ma anche perché
“tutte le iniziative prese dai governi di Mussolini contribuirono a
peggiorare la situazione”.
Un effetto fu la divaricazione delle disuguaglianze: i ricconi – quasi
tutti aderenti al regime – da una parte e la massa della popolazione
dall’altra. Unica via d’uscita: l’emigrazione (all’epoca non avevamo il
problema dell’accoglienza. Semmai quello di essere accolti. Durante il
fascismo noi eravamo quelli sui barconi).

Un dato, da solo, basta a spiegare quanto drammatica fosse la situazione
economica. Come ricorda Filippi, oggi il reddito medio italiano è circa il
90% di un Paese europeo avanzato come la Francia. Negli anni Trenta del
secolo scorso era il 33%.



La legalità ai tempi del duce

“Tutti questi politici delinquenti Mussolini li avrebbe mandati al
confino”

Di tutte le balle sul fascismo, quella del presunto amore per la legalità
e l’ordine resta la più grossa.
Il partito si è fatto strada con la violenza, con le manganellate agli
avversari.
E una volta raggiunto il potere lo ha rafforzato grazie su clientele e
corruzione. E’ emblematico il caso di Giacomo Matteotti, ucciso per
impedirgli di rendere noti i documenti che provavano una tangente
incassata da Arnaldo Mussolini, fratello del duce.

Al mito della moralità del regime contribuì in modo determinante
l’abolizione della libertà di stampa, trasformando i giornali in organi
propagandistici, destinati a raccontare la realtà immaginaria di un Paese
che nella realtà non esisteva.

Ricordiamocelo quando – e succede sempre più spesso – i politici attaccano
i giornalisti che svelano i loro scheletri negli armadi.




<https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/no-non-e-stato-mussolini-ad-istituire-tredicesima-e-pensioni-le-cose-buone-che-il-fascismo-non-ha-mai-fatto.html?fbclid=IwAR2R6HxGnkBPILHGEDw_vWlFecGbOIAtXB6x9xD3W25B1KmNyKqbHSIKC70&print=print>
--
pirex, stesso nick da oltre vent'anni
pirex <***@pakita.sus>

Diffidate dei poveri mentecatti, odiatori di professione, bugiardi
xenofobi nazifascioidi dai mille nick
che per farsi leggeggere le loro Fake News utilizzano anche il mio nick

https://tinyurl.com/2natj737
Sargon
2023-10-26 09:12:18 UTC
Permalink
Post by pino mugo
eh già, uno storico molto IMPARZIALE, (una specie di deaglio contro berlusconi, monocorde e monotematico)che scrive per
Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo. Prefazione di Carlo Greppi, Torino, Bollati Boringhieri, 2019.
Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto, Torino, Bollati Boringhieri, 2020.
Noi però gli abbiamo fatto le strade: Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie, Torino, Bollati Boringhieri, 2021.
Prima gli italiani! (sì, ma quali?) Laterza, Bari-Roma 2021.
Dimostrare l'imparzialità (o la parzialità) di
uno storico muovendosi nell'ambito delle
proprie opinioni e convinzioni personali, o di
giudizi comunque soggettivi, è impossibile.
Pretenderlo è, a dir poco, puerile.
Tuttavia chiunque scriva di personaggi, eventi,
movimenti o atteggiamenti politici, più o meno
recenti e ancora ampiamente dibattuti, anche in
campo politico, come in questo caso, è
sicuramente di parte. Per definizione. Pertanto
stabilire qualitativamente la parzialità di
Filippi, come di chiunque altro, è, in casi
come questo, superfluo e irrilevante.
Tu critichi esclusivamente l'autore e il suo
modo di pensare – elencando a tal fine i titoli
delle sue opere come fosse una colpa –, e
nemmeno la parvenza di una sua affermazione che
possa dirsi falsa o, quanto meno, storicamente
discutibile.
Se con questo ritieni di delegittimare Filippi,
e di conseguenza ciò che ha scritto –
espediente tipico della destra che considera
spesso il confronto storico, politico e
ideologico come vera e propria guerra, e i suoi
interlocutori come nemico da abbattere con ogni
mezzo –, stai facendo un grosso buco
nell'acqua.
Se però mi sbaglio, hai adesso l'opportunità di
muovere le tue critiche a Filippi con
argomentazioni puntuali e più convincenti su
ciò che ha scritto effettivamente.

PS
L'articolo riportato da Pirex cita solo
indirettamente Filippi, ed il link
corrispondente è adesso irraggiungibile. Tranne
ciò che è virgolettato ed è testualmente
attribuibile a Filippi da parte
dell'articolista, il resto non lo è. È bene
ricordarlo.

Saluti
Sargon
pino mugo
2023-10-31 21:13:35 UTC
Permalink
Post by Sargon
Tu critichi esclusivamente l'autore e il suo
modo di pensare – elencando a tal fine i titoli
delle sue opere come fosse una colpa –
hai presente quando si fa uno studio statistico? prima di cominciare SI ELIMINA IL VALORE ANOMALO PIU' ALTO E QUELLO PIU' BASSO .
Ecco questo autore VA ELIMINATO dalla discussione sul fascismo, stop !
Sarebbe come far spiegare a travaglio ai marziani chi era BERLUSCONI : non e' ADATTO E BASTA, senza fare tante chiacchere come fai tu, credendo che siamo scemi .
Sargon
2023-11-01 07:46:22 UTC
Permalink
Post by pino mugo
Post by Sargon
Se però mi sbaglio, hai adesso l'opportunità di
muovere le tue critiche a Filippi con
argomentazioni puntuali e più convincenti su
ciò che ha scritto effettivamente.
Vedo che non hai raccolto il mio invito. Anzi!
Post by pino mugo
Ecco questo autore VA ELIMINATO dalla discussione sul fascismo, stop !
Finora hai dato solo fiato al tuo livore
ideologico.
Dovresti riflettere attentamente sul tuo
messaggio e applicare a te stesso quanto hai
scritto sopra. Stop!

Saluti
Sargon
jack nick
2023-11-01 20:21:06 UTC
Permalink
Post by Sargon
Post by Sargon
Se però mi sbaglio, hai adesso l'opportunità di
muovere le tue critiche a Filippi con
argomentazioni puntuali e più convincenti su
ciò che ha scritto effettivamente.
Vedo che non hai raccolto il mio invito. Anzi!
ma quale invito, il tuo è un atto di ubriachezza molesta!

Parvus
2023-10-19 18:08:28 UTC
Permalink
Post by pirex
No, non è stato Mussolini ad istituire tredicesima e pensioni. Le “cose
buone” che il fascismo non ha mai fatto
|
“Mussolini ha fatto anche delle cose buone”.
Ogni tanto salta fuori qualcuno che ripropone questo luogo comune,
decisamente privo di contatti con la realtà.
Praticamente tutti i presunti meriti del regime fascista sono basati sulla
narrazione di fatti inesistenti, o pesantemente contraffatti.
Proviamo quindi ad esaminare alcuni dei cavalli di battaglia dei
nostalgici del ventennio.
Prima, però, parliamo di quello che è stato l’indiscutibile demerito del
regime fascista. Senza volerci soffermare su “quisquilie” come le Leggi
Razziali o le violazioni dei diritti umani, Mussolini ha l’enorme colpa di
aver trascinato l’Italia in una guerra totalmente assurda, salvo poi
tentare la fuga travestito da tedesco, portando con sé la compagna ed i
soldi, quando le cose si sono messe male. Se anche avesse fatto cose buone
(e non le ha fatte) nulla potrebbe compensare questa enorme colpa.
Ed è curioso vedere come i sovranisti, quelli che odiano l’Europa perché
non possono pensare che il Governo Italiano si sottometta alla Germania e
faccia ciò che vuole la Merkel (è questa la loro visione dell’UE),
considerino normale che ai tempi di Mussolini il Governo Italiano si sia
sottomesso alla Germania ed abbia fatto la guerra che voleva Hitler,
causando inutilmente la morte mezzo milione di Italiani.
Basta questa semplice considerazione a dimostrare che le nostalgie per il
regime fascista sono frutto di ignoranza e pregiudizi.
Andiamo ora ad esaminare le presunte “cose buone” fatte dal regime
fascista.
Le pensioni INFPS: l’unica riforma del fascismo fu il nome (la F non è un
errore di battitura)
“Fu Mussolini a introdurre la pensione di reversibilità nel caso morissero
lui o lei. La previdenza sociale l’ha portata Mussolini, non l’hanno
portata i Marziani”
Matteo Salvini, Ministro dell’Interno, intervista radiofonica del
16/2/2016
In effetti il ministro Salvini ha ragione: la previdenza sociale in Italia
non l’hanno portata i marziani. Ma nemmeno Mussolini e il fascismo. Come
ricostruisce Francesco Filippi nel libro “Mussolini ha fatto anche cose
buone” , il primo sistema di garanzie pensionistiche – destinato ai soli
impiegati del pubblico e ai militari – è del 1895, governo Crispi.
Tre anni dopo il governo Pelloux estenderà le coperture a una serie di
categorie lavorative e fonderà il primo istituto antenato dell’Inps.
Infine nel 1919, governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, il sistema
viene “imposto a tutte le aziende come obbligatorio: da quel momento tutti
i lavoratori italiani ebbero per diritto la pensione”.
E il fascismo? Quando prende il potere si preoccupa – abolito il ministero
del Lavoro – di concentrare tutte le funzioni che hanno a che fare con il
welfare sotto la Cassa Nazionale col risultato di provocare
“l’appesantimento del sistema e la sua progressiva inefficienza”,
sottolinea Filippi.
E poi, nel 1933, una riforma imponente: cambia il nome all’istituto, che
diventa Infps, con la EFFE a fare da insegna luminosa. “Un tentativo
propagandistico – spiega Filippi – di impossessarsi di quello che nei
fatti era stato il frutto di decenni di contrattazioni e lotte sindacali,
di riforme attuate dai governi liberali e di iniziative delle associazioni
di categoria dei lavoratori”.
Nel frattempo ciò che fa davvero il fascismo per i lavoratori è, nel 1926,
stabilire che potevano esistere solo sindacati fascisti e vietare lo
sciopero e la serrata, mettendo sotto giogo in un colpo solo i lavoratori
e gli imprenditori. L’INFPS negli anni diventerà una macchina da stipendi,
uno sfogatoio per le clientele e quindi un produttore di consenso.
La tredicesima: Mussolini non è mai stato Babbo Natale
“Non ti piace Mussolini? E allora rinuncia alla tredicesima”
E’ una delle più diffuse stupidaggini che circolano sui social,
attribuendo al Mascellone un altro merito che in realtà non gli compete.
Come stanno davvero le cose?
Con il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) del 05/08/1937
art. 13 venne introdotta una “gratifica natalizia”, cioè una mensilità in
più da corrispondere nel periodo natalizio ai soli impiegati del settore
dell’industria.
Quindi la gratifica non era per tutti i lavoratori ma solo per quelli del
settore industria. E anche in questo settore rappresentava un privilegio
più che un diritto, visto che non ne beneficiava nessuno degli operai, che
nell’industria rappresentavano ovviamente la grandissima maggioranza dei
lavoratori.
Per loro, lo stesso contratto prevedeva invece condizioni che nulla
avevano a che fare con lo spirito natalizio. Come l’articolo 8, che a
proposito di “Orario di lavoro, lavoro straordinario, notturno e festivo”,
poneva l’orario di lavoro a 10 ore giornaliere, con possibilità di
straordinari fino a 12 ore non rifiutabili dal lavoratore: “Nessun
impiegato potrà rifiutarsi, entro i limiti consentiti dalla legge, di
compiere il lavoro straordinario, il lavoro notturno e festivo, salvi
giustificati motivi di impedimento“.
Tutto questo era perfettamente coerente con quelle che erano le normali
politiche dell’epoca fascista, in una società volutamente basata non sui
diritti per tutti, ma sui privilegi per pochi.
La vera “tredicesima”, intesa non come “gratifica” per pochi, ma diritto
con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946,
che la garantì a tutti i lavoratori del settore industria;
con il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1960 n.
1070, che dopo quindici anni di lotte sindacali e operaie nelle fabbriche
e nelle piazze (dello stesso anno anche l’eliminazione delle tabelle
remunerative differenti per maschi e femmine), lo estenderà a tutti i
lavoratori.
E allora chi dobbiamo ringraziare per la tredicesima che oggi tutti i
lavoratori percepiscono? Il ringraziamento non può che andare a tutti quei
lavoratori e quegli operai che con le loro azioni sindacali, proteste,
lotte e manifestazioni hanno ottenuto non solo la tredicesima, ma tutta
una serie di diritti che oggi la politica sta cercando di rimettere in
discussione (e forse questo spiega certe nostalgie per il regime).
Le bonifiche, una scomoda verità
“Io non sono fascista, però se bisogna essere onesti Mussolini ha fatto
strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della
nostra Italia”
Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo. Intervista radiofonica
del 12/3/2019
Littoria, il simbolo del miracolo, la città fondata sulle terre strappate
all’acqua, l’orgoglio della potenza fascista che nel 1933 dichiara la
propria vittoria: la missione impossibile delle bonifiche, perfino
nell’Agro Pontino, è compiuta. Lì dove hanno fallito tutti, il fascismo è
riuscito. Ma è un racconto possibile solo grazie a una “grande operazione
pubblicitaria”, obietta lo storico Francesco Filippi nel libro. La realtà
la dicono i numeri che danno conto piuttosto di una serie di fallimenti, a
dispetto dei proclami falsificati.
Il fascismo, rimarca Filippi, aveva promesso di restituire all’agricoltura
8 milioni di ettari di terreni riqualificati: un’enormità. Dopo dieci anni
di lavori più tentati che andati a segno e fiumi di denaro pubblico finiti
– come accade sempre con il fascismo – ad amici degli amici e collettori
di consenso del regime (come l’Opera nazionale combattenti), il governo
annuncia il successo del recupero di 4 milioni di ettari. Sarebbe comunque
tanto. Ma Filippi indaga sui particolari e scopre che i lavori “completi o
a buon punto” arrivano a poco più di 2 milioni di ettari. E – bluff nel
bluff – “di questi due milioni, un milione e mezzo erano bonifiche
concluse dai governi precedenti al 1922”. Insomma, non dal fascismo. “In
pratica – conclude Filippi – era stato portato a termine poco più del 6
per cento del lavoro”. E’ De Felice, uno dei più autorevoli storici del
fascismo, a certificare – ricorda Filippi – che i risultati, nel
complesso, furono inferiori “alle aspettative suscitate nel Paese dal
battage propagandistico messo in atto e finirono per non corrispondere
all’entità dello sforzo economico sostenuto”. A riuscirci saranno poi i
governi del Dopoguerra, grazie ai fondi del Piano Marshall e della Cassa
del Mezzogiorno.
Mussolini immobiliarista
“Le case agli italiani!”
Così gridano oggi i fascisti di CasaPound nelle periferie di Roma. Certo
avrebbero avuto poche speranze di essere accontentati dal fascismo.
La prima legge sulle case popolari infatti è del 1903, per iniziativa di
Luigi Luzzatti, deputato liberale che poi sarà presidente del Consiglio. I
maggiori progetti di sviluppo urbano nelle grandi città con fame di
abitazioni nascono tutti nei primi 15-20 anni del Novecento: Roma (la
Garbatella per esempio), Torino, Napoli, Milano.
L’unico “tocco decisivo” del fascismo, nel 1935, fu la decisione di
gestire il sistema a livello provinciale.
Annota ancora Filippi: “Come in altri campi della cosa pubblica, anche
nell’edilizia popolare il fascismo si limitò a porre sotto il proprio
controllo e ribattezzare strutture amministrative nate nell’Italia
liberale”. A fronte di grandi progetti colossali come l’Eur, “la
situazione abitativa rimase emergenziale anche negli anni più tardi del
fascismo”. E la carenza di alloggi fu aggravata dalla decisione di
Mussolini di portare l’Italia in una guerra mondiale: due milioni di vani
andarono distrutti e un altro milione fu danneggiato, sintetizza Filippi.
L’oro alla patria. E agli italiani niente
“Si stava meglio quando si stava peggio.”
E invece no. Come spiega Filippi, durante il ventennio fascista il divario
della ricchezza media tra un italiano e un cittadino degli altri Paesi
sviluppati si allargò. Un po’ per colpa della congiuntura internazionale
(la crisi del ’29), un po’ per i problemi strutturali, ma anche perché
“tutte le iniziative prese dai governi di Mussolini contribuirono a
peggiorare la situazione”.
Un effetto fu la divaricazione delle disuguaglianze: i ricconi – quasi
tutti aderenti al regime – da una parte e la massa della popolazione
dall’altra. Unica via d’uscita: l’emigrazione (all’epoca non avevamo il
problema dell’accoglienza. Semmai quello di essere accolti. Durante il
fascismo noi eravamo quelli sui barconi).
Un dato, da solo, basta a spiegare quanto drammatica fosse la situazione
economica. Come ricorda Filippi, oggi il reddito medio italiano è circa il
90% di un Paese europeo avanzato come la Francia. Negli anni Trenta del
secolo scorso era il 33%.
La legalità ai tempi del duce
“Tutti questi politici delinquenti Mussolini li avrebbe mandati al
confino”
Di tutte le balle sul fascismo, quella del presunto amore per la legalità
e l’ordine resta la più grossa.
Il partito si è fatto strada con la violenza, con le manganellate agli
avversari.
E una volta raggiunto il potere lo ha rafforzato grazie su clientele e
corruzione. E’ emblematico il caso di Giacomo Matteotti, ucciso per
impedirgli di rendere noti i documenti che provavano una tangente
incassata da Arnaldo Mussolini, fratello del duce.
Al mito della moralità del regime contribuì in modo determinante
l’abolizione della libertà di stampa, trasformando i giornali in organi
propagandistici, destinati a raccontare la realtà immaginaria di un Paese
che nella realtà non esisteva.
Ricordiamocelo quando – e succede sempre più spesso – i politici attaccano
i giornalisti che svelano i loro scheletri negli armadi.
<https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/no-non-e-stato-mussolini-ad-istituire-tredicesima-e-pensioni-le-cose-buone-che-il-fascismo-non-ha-mai-fatto.html?fbclid=IwAR2R6HxGnkBPILHGEDw_vWlFecGbOIAtXB6x9xD3W25B1KmNyKqbHSIKC70&print=print>
--
Se arrivassero in orario non ho idea.
So che sulle linee principali ci furono buoni risultati:
L’itinerario principale Milano-Roma, percorso nel 1922 in 12 ore e 40’
passando per la linea “Porrettana” tra Bologna e Pistoia,
fu ridotto a 5 ore e 38 ore nel 1940 con la direttissima Prato-Bologna
e con l’elettrotreno rapido. Da Roma a Reggio Calabria si impiegavano
nel 1922 : 17 ore e 50’, ridotti a 8 ore e 35’ nel 1940.
Sulle altre linee non so.
Però più che altro si allontanarono i facinorosi:
Nel periodo 1919/1922 i ferrovieri erano arrivati a fermare i treni se saliva
un ufficiale o un sacerdote.
Con una politica di licenziamenti selettivi si allontanò gli elementi che
creavano disservizi, eliminando nel contempo il personale in eccesso.
Fu poi costituito un sindacato fascista, diretto da un sindacalista socialista
che raggiunse i 130.000 iscritti.
pirex
2023-10-23 20:04:53 UTC
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Post by Parvus
Post by pirex
No, non è stato Mussolini ad istituire tredicesima e pensioni. Le
“cose buone” che il fascismo non ha mai fatto
“Mussolini ha fatto anche delle cose buone”.
Ogni tanto salta fuori qualcuno che ripropone questo luogo comune,
decisamente privo di contatti con la realtà.
Praticamente tutti i presunti meriti del regime fascista sono
basati sulla narrazione di fatti inesistenti, o pesantemente
contraffatti. Proviamo quindi ad esaminare alcuni dei cavalli di
battaglia dei nostalgici del ventennio.
Prima, però, parliamo di quello che è stato l’indiscutibile
demerito del regime fascista. Senza volerci soffermare su
“quisquilie” come le Leggi Razziali o le violazioni dei diritti
umani, Mussolini ha l’enorme colpa di aver trascinato l’Italia in
una guerra totalmente assurda, salvo poi tentare la fuga
travestito da tedesco, portando con sé la compagna ed i soldi,
quando le cose si sono messe male. Se anche avesse fatto cose
buone (e non le ha fatte) nulla potrebbe compensare questa enorme
colpa.
Ed è curioso vedere come i sovranisti, quelli che odiano l’Europa
perché non possono pensare che il Governo Italiano si sottometta
alla Germania e faccia ciò che vuole la Merkel (è questa la loro
visione dell’UE), considerino normale che ai tempi di Mussolini
il Governo Italiano si sia sottomesso alla Germania ed abbia
fatto la guerra che voleva Hitler, causando inutilmente la morte
mezzo milione di Italiani. Basta questa semplice considerazione a
dimostrare che le nostalgie per il regime fascista sono frutto di
ignoranza e pregiudizi.
Andiamo ora ad esaminare le presunte “cose buone” fatte dal regime
fascista.
Le pensioni INFPS: l’unica riforma del fascismo fu il nome (la F
non è un errore di battitura)
“Fu Mussolini a introdurre la pensione di reversibilità nel caso
morissero lui o lei. La previdenza sociale l’ha portata
Mussolini, non l’hanno portata i Marziani”
Matteo Salvini, Ministro dell’Interno, intervista radiofonica del
16/2/2016
In effetti il ministro Salvini ha ragione: la previdenza sociale
in Italia non l’hanno portata i marziani. Ma nemmeno Mussolini e
il fascismo. Come ricostruisce Francesco Filippi nel libro
“Mussolini ha fatto anche cose buone” , il primo sistema di
garanzie pensionistiche – destinato ai soli impiegati del
pubblico e ai militari – è del 1895, governo Crispi. Tre anni
dopo il governo Pelloux estenderà le coperture a una serie di
categorie lavorative e fonderà il primo istituto antenato
dell’Inps. Infine nel 1919, governo liberale di Vittorio Emanuele
Orlando, il sistema viene “imposto a tutte le aziende come
obbligatorio: da quel momento tutti i lavoratori italiani ebbero
per diritto la pensione”.
E il fascismo? Quando prende il potere si preoccupa – abolito il
ministero del Lavoro – di concentrare tutte le funzioni che hanno
a che fare con il welfare sotto la Cassa Nazionale col risultato
di provocare “l’appesantimento del sistema e la sua progressiva
inefficienza”, sottolinea Filippi.
E poi, nel 1933, una riforma imponente: cambia il nome
all’istituto, che diventa Infps, con la EFFE a fare da insegna
luminosa. “Un tentativo propagandistico – spiega Filippi – di
impossessarsi di quello che nei fatti era stato il frutto di
decenni di contrattazioni e lotte sindacali, di riforme attuate
dai governi liberali e di iniziative delle associazioni di
categoria dei lavoratori”. Nel frattempo ciò che fa davvero il
fascismo per i lavoratori è, nel 1926, stabilire che potevano
esistere solo sindacati fascisti e vietare lo sciopero e la
serrata, mettendo sotto giogo in un colpo solo i lavoratori e gli
imprenditori. L’INFPS negli anni diventerà una macchina da
stipendi, uno sfogatoio per le clientele e quindi un produttore
di consenso.
La tredicesima: Mussolini non è mai stato Babbo Natale
“Non ti piace Mussolini? E allora rinuncia alla tredicesima”
E’ una delle più diffuse stupidaggini che circolano sui social,
attribuendo al Mascellone un altro merito che in realtà non gli compete.
Come stanno davvero le cose?
Con il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) del
05/08/1937 art. 13 venne introdotta una “gratifica natalizia”,
cioè una mensilità in più da corrispondere nel periodo natalizio
ai soli impiegati del settore dell’industria.
Quindi la gratifica non era per tutti i lavoratori ma solo per
quelli del settore industria. E anche in questo settore
rappresentava un privilegio più che un diritto, visto che non ne
beneficiava nessuno degli operai, che nell’industria
rappresentavano ovviamente la grandissima maggioranza dei
lavoratori. Per loro, lo stesso contratto prevedeva invece
condizioni che nulla avevano a che fare con lo spirito natalizio.
Come l’articolo 8, che a proposito di “Orario di lavoro, lavoro
straordinario, notturno e festivo”, poneva l’orario di lavoro a
10 ore giornaliere, con possibilità di straordinari fino a 12 ore
non rifiutabili dal lavoratore: “Nessun impiegato potrà
rifiutarsi, entro i limiti consentiti dalla legge, di compiere il
lavoro straordinario, il lavoro notturno e festivo, salvi
giustificati motivi di impedimento“. Tutto questo era
perfettamente coerente con quelle che erano le normali politiche
dell’epoca fascista, in una società volutamente basata non sui
diritti per tutti, ma sui privilegi per pochi.
La vera “tredicesima”, intesa non come “gratifica” per pochi, ma
diritto ad una mensilità in più per tutti, venne istituita in due
con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre
1946, che la garantì a tutti i lavoratori del settore industria;
con il Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1960
n. 1070, che dopo quindici anni di lotte sindacali e operaie
nelle fabbriche e nelle piazze (dello stesso anno anche
l’eliminazione delle tabelle remunerative differenti per maschi e
femmine), lo estenderà a tutti i lavoratori.
E allora chi dobbiamo ringraziare per la tredicesima che oggi
tutti i lavoratori percepiscono? Il ringraziamento non può che
andare a tutti quei lavoratori e quegli operai che con le loro
azioni sindacali, proteste, lotte e manifestazioni hanno ottenuto
non solo la tredicesima, ma tutta una serie di diritti che oggi
la politica sta cercando di rimettere in discussione (e forse
questo spiega certe nostalgie per il regime).
Le bonifiche, una scomoda verità
“Io non sono fascista, però se bisogna essere onesti Mussolini ha
fatto strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato
tante parti della nostra Italia”
Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo. Intervista
radiofonica del 12/3/2019
Littoria, il simbolo del miracolo, la città fondata sulle terre
strappate all’acqua, l’orgoglio della potenza fascista che nel
1933 dichiara la propria vittoria: la missione impossibile delle
bonifiche, perfino nell’Agro Pontino, è compiuta. Lì dove hanno
fallito tutti, il fascismo è riuscito. Ma è un racconto possibile
solo grazie a una “grande operazione pubblicitaria”, obietta lo
storico Francesco Filippi nel libro. La realtà la dicono i numeri
che danno conto piuttosto di una serie di fallimenti, a dispetto
dei proclami falsificati.
Il fascismo, rimarca Filippi, aveva promesso di restituire
un’enormità. Dopo dieci anni di lavori più tentati che andati a
segno e fiumi di denaro pubblico finiti – come accade sempre con
il fascismo – ad amici degli amici e collettori di consenso del
regime (come l’Opera nazionale combattenti), il governo annuncia
il successo del recupero di 4 milioni di ettari. Sarebbe comunque
tanto. Ma Filippi indaga sui particolari e scopre che i lavori
“completi o a buon punto” arrivano a poco più di 2 milioni di
ettari. E – bluff nel bluff – “di questi due milioni, un milione
e mezzo erano bonifiche concluse dai governi precedenti al 1922”.
Insomma, non dal fascismo. “In pratica – conclude Filippi – era
stato portato a termine poco più del 6 per cento del lavoro”. E’
De Felice, uno dei più autorevoli storici del fascismo, a
certificare – ricorda Filippi – che i risultati, nel complesso,
furono inferiori “alle aspettative suscitate nel Paese dal
battage propagandistico messo in atto e finirono per non
corrispondere all’entità dello sforzo economico sostenuto”. A
riuscirci saranno poi i governi del Dopoguerra, grazie ai fondi
del Piano Marshall e della Cassa del Mezzogiorno.
Mussolini immobiliarista
“Le case agli italiani!”
Così gridano oggi i fascisti di CasaPound nelle periferie di Roma.
Certo avrebbero avuto poche speranze di essere accontentati dal
fascismo. La prima legge sulle case popolari infatti è del 1903,
per iniziativa di Luigi Luzzatti, deputato liberale che poi sarà
presidente del Consiglio. I maggiori progetti di sviluppo urbano
nelle grandi città con fame di abitazioni nascono tutti nei primi
15-20 anni del Novecento: Roma (la Garbatella per esempio),
Torino, Napoli, Milano. L’unico “tocco decisivo” del fascismo,
nel 1935, fu la decisione di gestire il sistema a livello
provinciale.
Annota ancora Filippi: “Come in altri campi della cosa pubblica,
anche nell’edilizia popolare il fascismo si limitò a porre sotto
il proprio controllo e ribattezzare strutture amministrative nate
nell’Italia liberale”. A fronte di grandi progetti colossali come
l’Eur, “la situazione abitativa rimase emergenziale anche negli
anni più tardi del fascismo”. E la carenza di alloggi fu
aggravata dalla decisione di Mussolini di portare l’Italia in una
guerra mondiale: due milioni di vani andarono distrutti e un
altro milione fu danneggiato, sintetizza Filippi.
L’oro alla patria. E agli italiani niente
“Si stava meglio quando si stava peggio.”
E invece no. Come spiega Filippi, durante il ventennio fascista il
divario della ricchezza media tra un italiano e un cittadino
degli altri Paesi sviluppati si allargò. Un po’ per colpa della
congiuntura internazionale (la crisi del ’29), un po’ per i
problemi strutturali, ma anche perché “tutte le iniziative prese
dai governi di Mussolini contribuirono a peggiorare la
i ricconi – quasi tutti aderenti al regime – da una parte e la
l’emigrazione (all’epoca non avevamo il problema
dell’accoglienza. Semmai quello di essere accolti. Durante il
fascismo noi eravamo quelli sui barconi).
Un dato, da solo, basta a spiegare quanto drammatica fosse la
situazione economica. Come ricorda Filippi, oggi il reddito medio
italiano è circa il 90% di un Paese europeo avanzato come la
Francia. Negli anni Trenta del secolo scorso era il 33%.
La legalità ai tempi del duce
“Tutti questi politici delinquenti Mussolini li avrebbe mandati al
confino”
Di tutte le balle sul fascismo, quella del presunto amore per la
legalità e l’ordine resta la più grossa.
Il partito si è fatto strada con la violenza, con le manganellate
agli avversari.
E una volta raggiunto il potere lo ha rafforzato grazie su
clientele e corruzione. E’ emblematico il caso di Giacomo
Matteotti, ucciso per impedirgli di rendere noti i documenti che
provavano una tangente incassata da Arnaldo Mussolini, fratello
del duce.
Al mito della moralità del regime contribuì in modo determinante
l’abolizione della libertà di stampa, trasformando i giornali in
organi propagandistici, destinati a raccontare la realtà
immaginaria di un Paese che nella realtà non esisteva.
Ricordiamocelo quando – e succede sempre più spesso – i politici
attaccano i giornalisti che svelano i loro scheletri negli
armadi.
<https://www.fisaccgilaq.it/lavoro-e-societa/no-non-e-stato-mussolini-ad-istituire-tredicesima-e-pensioni-le-cose-buone-che-il-fascismo-non-ha-mai-fatto.html?fbclid=IwAR2R6HxGnkBPILHGEDw_vWlFecGbOIAtXB6x9xD3W25B1KmNyKqbHSIKC70&print=print>
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Se arrivassero in orario non ho idea.
L’itinerario principale Milano-Roma, percorso nel 1922 in 12 ore e
40’ passando per la linea “Porrettana” tra Bologna e Pistoia,
fu ridotto a 5 ore e 38 ore nel 1940 con la direttissima
Prato-Bologna e con l’elettrotreno rapido. Da Roma a Reggio
Calabria si impiegavano nel 1922 : 17 ore e 50’, ridotti a 8 ore e
35’ nel 1940. Sulle altre linee non so.
Nel periodo 1919/1922 i ferrovieri erano arrivati a fermare i treni
se saliva un ufficiale o un sacerdote.
Con una politica di licenziamenti selettivi si allontanò gli
elementi che creavano disservizi, eliminando nel contempo il
personale in eccesso. Fu poi costituito un sindacato fascista,
diretto da un sindacalista socialista che raggiunse i 130.000
iscritti.
Nel volume, il lettore può seguire con crescente interesse una narrazione
che si snoda attraverso lo “sciopero legalitario” dell’agosto 1922,
la salita al potere di Mussolini,
la soppressione dei sindacati liberi,
la costituzione dell’Associazione nazionale ferrovieri fascisti (ANFF)
e della Milizia ferroviaria;
e poi attraverso le vicende della sezione romana del Sindacato ferrovieri
italiani, passando per l’antifascismo e la costituzione del gruppo
“Giustizia e Libertà”,
per arrivare alla cronaca della Resistenza sui binari.

Si tratta di una storia vista dal lato dei ferrovieri antifascisti,
ma bene inquadrata nella storia generale del periodo.
Una storia di sconfitte dei lavoratori e di consenso al regime
imposto anche dalle circostanze di repressione.

Il fascismo fu infatti presente tra i ferrovieri, alcuni dei quali
aderirono alle nuove idee, anche se la grande maggioranza,
dietro la facciata pubblica, conservò nel segreto della coscienza
le antiche convinzioni politiche e la memoria dell’importanza avuta
dal sindacato di categoria.
Come nota l’autore, dopo il 1930, “alla schiera di coloro che nella prima
metà degli anni ’20 erano accorsi ad arruolarsi motivatamente nelle file
del fascismo, rimanendo tuttavia nell’ambito della categoria una
minoranza
, si aggiunse ora l’adesione plebiscitaria,
più o meno passiva o indotta dalle circostanze,
della maggioranza dei ferrovieri che finirono per iscriversi all’ANFF:
una condizione senza la quale, d’altra parte,
ci si candidava direttamente al licenziamento.
Al punto tale che nel 1939 l’ANFF arrivò a raggiungere circa 130 mila
aderenti (anche se molti di loro risultavano non in regola col pagamento
delle quote) raccolti attraverso le sue 93 sedi provinciali”.

Va anche ricordato che le ferrovie ebbero un ruolo da protagonista
nelle politiche dei servizi pubblici del ventennio fascista,
fatto che portò a coniare il noto slogan dei “treni in orario”,
frutto della propaganda messa in piedi dal regime,
ma anche di una ritrovata efficienza del meccanismo ferroviario.
Alcuni osservatori notarono tuttavia che erano in orario i treni
“di bandiera”,
mentre sulle linee minori le cattive condizioni del materiale rotabile
e del sedime ferroviario erano spesso causa di ritardi.

<https://magazine.dlf.it/cultura-e-spettacolo/ferrovieri-contro-il-fascismo-roma-1922-1944.html>
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pirex, stesso nick da oltre vent'anni
pirex <***@pakita.sus>

Diffidate dei poveri mentecatti, odiatori di professione, bugiardi
xenofobi nazifascioidi dai mille nick
che per farsi leggeggere le loro Fake News utilizzano anche il mio nick

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