Fideus
2005-02-23 19:14:36 UTC
L'Inquisizione senza pregiudizi
Il programma «Voyager» della Rai scatena la reazione del «Manifesto».
L'imprudenza - o l'impudenza? - delle ideologie non cessa di stupire...
di Vittorio Messori
L'imprudenza - o l'impudenza? - delle ideologie non cessa di stupire. Un
pubblicista, Adriano Petta, ha pubblicato ieri un articolo dal titolo Gli
scheletri della santa Inquisizione. Déjà vu, naturalmente: diciamo da
almeno un due secoli e mezzo. Ci sarebbe da passar oltre, se il pezzo non
fosse impaginato sul Manifesto, cioè uno dei due o tre giornali in tutto
l'Occidente che proclami ancora, sotto la testata, «quotidiano comunista».
Per altri periodi storici sono stati fatti conti precisi: un solo anno di
Rivoluzione francese, il 1793 del Grande Terrore, causò molte più vittime
che tutti i secoli di tutte le inquisizioni cristiane unite (i
protestanti, infatti, non scherzarono: la Ginevra di Calvino fu illuminata
dai roghi; la Germania luterana si diede alla caccia alle streghe quasi
come a uno sport nazionale; l'ultimo massacro, voluto dai pastori puritani
di Salem, Massachusetts, è alla soglia del Settecento). Quanto al
comunismo, continua a circolare il numero all'ingrosso cento milioni di
morti? Ma forse non ci saranno mai cifre precise di un massacro disteso
per settant'anni, proprio in nome dell'esigenza di imporre la «ortodossia»
contro i «deviazionismi». Giusto ciò che si denuncia nel fenomeno
inquisitoriale cristiano. Difficile, insomma, prendere sul serio prediche
che giungono da certi pulpiti.
Comunque sia, il collaboratore del Manifesto termina la sua arringa contro
l'inquisizione che lo indigna, quella religiosa, con un vigoroso:
«Smettiamola con vani tentativi di revisionismo!». È singolare: uno
studioso di storia che pretende di congelare uno schema previo di
condanna, rifiutando di sottoporre alla verifica dei fatti la vulgata da
pamphlet ottocentesco. In realtà, chi frequenta la bibliografia aggiornata
sa che sulle Inquisizioni (perfino sulla più diffamata, quella spagnola)
il giudizio è oggi assai più articolato. C'è addirittura chi, come Luigi
Firpo, insospettabile maestro di laicismo e di anticlericalismo, già
vent'anni fa auspicava l'apertura degli archivi, poi decisa dal cardinale
Ratzinger: «L'esame dei dossier gioverebbe molto alla Chiesa. Cadrebbero
molti pezzi della Leggenda Nera, scoprendo che i processi erano
contrassegnati da una grande correttezza formale e da una rete di garanzie
inimmaginabile per i tribunali laici dell'epoca. Condanne a morte e
torture furono l'eccezione: le immagini che abbiamo dei tormenti e che
tutti abbiamo visto anche sui libri di scuola sono state incise ad
Amsterdam e a Londra su commissione della propaganda protestante, nel
quadro della lotta contro la Spagna per il predominio sull'Atlantico».
Non si tratta, naturalmente, di passare dalla esecrazione all'ammirazione:
è comunque certo che, al di là del ridimensionamento (pur doveroso) degli
orrori, lo storico autentico deve evitare qui, come ovunque altrove, il
peccato mortale, quello di anacronismo. II passato, cioè, va valutato
secondo le sue categorie, non secondo le nostre: l'attività di quei
tribunali era ispirata dalla necessità di proteggere la vita sociale, la
cui tranquillità si basava su una fede comune; ed era mossa dall'ansia
sincera di praticare la più alta delle carità, quella spirituale. Così
come le autorità odierne considerano loro dovere la tutela della salute
dei cittadini, la Chiesa era convinta di dover rispondere a Dio della
salvezza eterna dei suoi figli. Salvezza messa in pericolo dal più tossico
dei veleni: l'eresia. Discorsi complessi, si intende, che esigerebbero ben
altro spazio. Qui basti mettere sullavviso e segnalare che appartiene ad
una propaganda grossolana, e non ad una storiografia presentabile, il
sommario dellarticolo sul Manifesto: «Una trasmissione Rai si fa complice
del Vaticano per riscrivere la storia e riabilitare lInquisizione, madre
di tutte le torture e stragi di innocenti». I lettori meritano di meglio.
Corriere della Sera - 22 febbraio '05
Il programma «Voyager» della Rai scatena la reazione del «Manifesto».
L'imprudenza - o l'impudenza? - delle ideologie non cessa di stupire...
di Vittorio Messori
L'imprudenza - o l'impudenza? - delle ideologie non cessa di stupire. Un
pubblicista, Adriano Petta, ha pubblicato ieri un articolo dal titolo Gli
scheletri della santa Inquisizione. Déjà vu, naturalmente: diciamo da
almeno un due secoli e mezzo. Ci sarebbe da passar oltre, se il pezzo non
fosse impaginato sul Manifesto, cioè uno dei due o tre giornali in tutto
l'Occidente che proclami ancora, sotto la testata, «quotidiano comunista».
Per altri periodi storici sono stati fatti conti precisi: un solo anno di
Rivoluzione francese, il 1793 del Grande Terrore, causò molte più vittime
che tutti i secoli di tutte le inquisizioni cristiane unite (i
protestanti, infatti, non scherzarono: la Ginevra di Calvino fu illuminata
dai roghi; la Germania luterana si diede alla caccia alle streghe quasi
come a uno sport nazionale; l'ultimo massacro, voluto dai pastori puritani
di Salem, Massachusetts, è alla soglia del Settecento). Quanto al
comunismo, continua a circolare il numero all'ingrosso cento milioni di
morti? Ma forse non ci saranno mai cifre precise di un massacro disteso
per settant'anni, proprio in nome dell'esigenza di imporre la «ortodossia»
contro i «deviazionismi». Giusto ciò che si denuncia nel fenomeno
inquisitoriale cristiano. Difficile, insomma, prendere sul serio prediche
che giungono da certi pulpiti.
Comunque sia, il collaboratore del Manifesto termina la sua arringa contro
l'inquisizione che lo indigna, quella religiosa, con un vigoroso:
«Smettiamola con vani tentativi di revisionismo!». È singolare: uno
studioso di storia che pretende di congelare uno schema previo di
condanna, rifiutando di sottoporre alla verifica dei fatti la vulgata da
pamphlet ottocentesco. In realtà, chi frequenta la bibliografia aggiornata
sa che sulle Inquisizioni (perfino sulla più diffamata, quella spagnola)
il giudizio è oggi assai più articolato. C'è addirittura chi, come Luigi
Firpo, insospettabile maestro di laicismo e di anticlericalismo, già
vent'anni fa auspicava l'apertura degli archivi, poi decisa dal cardinale
Ratzinger: «L'esame dei dossier gioverebbe molto alla Chiesa. Cadrebbero
molti pezzi della Leggenda Nera, scoprendo che i processi erano
contrassegnati da una grande correttezza formale e da una rete di garanzie
inimmaginabile per i tribunali laici dell'epoca. Condanne a morte e
torture furono l'eccezione: le immagini che abbiamo dei tormenti e che
tutti abbiamo visto anche sui libri di scuola sono state incise ad
Amsterdam e a Londra su commissione della propaganda protestante, nel
quadro della lotta contro la Spagna per il predominio sull'Atlantico».
Non si tratta, naturalmente, di passare dalla esecrazione all'ammirazione:
è comunque certo che, al di là del ridimensionamento (pur doveroso) degli
orrori, lo storico autentico deve evitare qui, come ovunque altrove, il
peccato mortale, quello di anacronismo. II passato, cioè, va valutato
secondo le sue categorie, non secondo le nostre: l'attività di quei
tribunali era ispirata dalla necessità di proteggere la vita sociale, la
cui tranquillità si basava su una fede comune; ed era mossa dall'ansia
sincera di praticare la più alta delle carità, quella spirituale. Così
come le autorità odierne considerano loro dovere la tutela della salute
dei cittadini, la Chiesa era convinta di dover rispondere a Dio della
salvezza eterna dei suoi figli. Salvezza messa in pericolo dal più tossico
dei veleni: l'eresia. Discorsi complessi, si intende, che esigerebbero ben
altro spazio. Qui basti mettere sullavviso e segnalare che appartiene ad
una propaganda grossolana, e non ad una storiografia presentabile, il
sommario dellarticolo sul Manifesto: «Una trasmissione Rai si fa complice
del Vaticano per riscrivere la storia e riabilitare lInquisizione, madre
di tutte le torture e stragi di innocenti». I lettori meritano di meglio.
Corriere della Sera - 22 febbraio '05
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http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it
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